Giovani e lavoro al tempo della crisi


“Stamattina, dove lavoro, si è svolta una riunione con il capo della nuova ditta di cui farò parte. Il tizio in questione ha comunicato, a me e ai miei colleghi, il nuovo piano di lavoro così: ” Da mercoledì questa ditta dovrà prendere in considerazione un ammortizzatore sociale, dunque farete cassa integrazione: farete in tre ore quello che finora avete fatto in sei, gli straodinari verranno fatti solo in caso di malattia dei colleghi e per farli non vi fermerete oltre il vostro orario ma dovete coprire il turno del collega in malattia nelle vostre ore. In caso di forza maggiore, se doveste fermarvi di più, quelle ore in più verranno considerati come recupero cassa”
Alla domanda di qualcuno che chiedeva com’è possibile recarsi al lavoro per solo due ore o un’ora e mezza al giorno, visto che per poter arrivarci si devono prendere i mezzi pubblici o la macchina, dunque si spendono dei soldi e quindi quello che si guadagnerà andrà via in biglietti di pullman e benzina . E ad un’altra domanda su com’è possibile pensare che in un’ora si possa fare un lavoro che abitualmente si svolge in due ore e mezza, il nostro nuovo datore di lavoro ci risponde: “Beh, ci si abitua a tutto!”.
Io e la mia famiglia abbiamo lasciato la nostra terra per immigrare in un paese bello, colto, così “ricco” di tutto, per cosa? Per finirci a far la fame insieme agli stessi fratelli italiani. Questa é l’Italia che a nessuno piace. Ne a me come straniera e, penso,  neanche agli italiani. Che schifo.”

 

  Natalia

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